Gli antefatti
Sul finire del 1917, la situazione militare italiana, non è delle migliori. Dopo la rotta di Caporetto, quel che resta del Regio Esercito è disordinatamente ripiegato fino a riorganizzarsi sulla linea del Piave dove in novembre, un primo tentativo di sfondamento delle truppe austriache viene contenuto. Il generale Luigi Cadorna è rimosso dal comando ed al suo posto si insedia Armando Diaz. Con l’avanzare della cattiva stagione, le operazioni militari vengono interrotte ed ha inizio la lunga sosta invernale che si protrae fino al giugno del 1918. Dall’interruzione dei combattimenti è il Regio Esercito a trarre il maggior vantaggio. Mentre in Italia si ha un rilancio della produzione industriale e una maggior disponibilità di rifornimenti, in campo austroungarico succede l’opposto e la situazione interna è aggravata da una profonda crisi politica e sociale. L’opinione pubblica, stanca dei sacrifici e dei disagi causati dalla guerra, chiede a gran voce risultati definitivi.
E’ in questo difficile clima che il comando austroungarico pianifica l’offensiva del giugno 1918: nelle intenzioni, dovrà assestare all’Italia il colpo di grazia. Molte cose però sono cambiate rispetto ai giorni di Caporetto, gli italiani non sono più gli stessi; diverso è lo spirito delle truppe, diversa la loro condizione, risultati del cambio avvenuto al vertice. Questa volta inoltre, l’Imperialregio Esercito dovrà fare a meno del massiccio sostegno germanico. L’Alto Comando tedesco ha infatti ritirato dal fronte italiano la gran parte delle truppe che aveva a suo tempo spostato da quello francese e che alla vittoria di Caporetto avevano contribuito.
Le tre direzioni dell’attacco austroungarico
L’attacco, che i soldati dell’Imperatore hanno subito ribattezzato ‘offensiva della fame’ per le drammatiche condizioni in cui è stato pianificato, prevede tre distinte azioni:
* L’operazione Lawine (valanga): un attacco sul Tonale e sulla Val Camonica per arrivare a minacciare direttamente Milano,
* L’operazione Radetzky: la conquista dell’altipiano dei Sette Comuni e del Monte Grappa e l’a vanzata in pianura fino alla linea del Bacchiglione,
* L’operazione Albrecht: forzamento della linea del Piave e conquista di Treviso nel giro di un giorno.
L’operazione Lawine scatta per prima il 12 giugno ma si risolve in un fallimento tanto che i comandi austriaci, per gettare fumo negli occhi dell’opinione pubblica nazionale, decidono di attribuirle un puro significato dimostrativo.
Le altre due azioni pianificate prendono dunque il via regolarmente.
La difesa del territorio del Comune di San Biagio, è affidata a truppe della III° Armata al comando di Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d’Aosta e cugino di re Vittorio Emanuele III. Di essa fanno parte l’XI, il XXVIII e il XXVI corpo d’armata.
L’ultima grande offensiva austroungarica sul territorio italiano, deve il suo nome alla contemporaneità col solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno, che cade il 21 giugno.
La battaglia nel territorio di S.Biagio
15 giugno
Alle tre del mattino del 15 giugno 1918, lungo tutto il fronte, dall’Astico al mare, l’artiglieria austriaca entra simultaneamente in azione con migliaia di cannoni e con il massiccio ricorso a proiettili chimici. La reazione italiana è pressochè immediata. Il Comando Supremo, da tempo a conoscenza dei piani austriaci, aveva avvertito le grandi unità da esso dipendenti.
Il 15 giugno, al momento dell’attacco austriaco, San Biagio si trova sotto il controllo dell’XI corpo d’arrmata, che ha giurisdizione da Palazzon a Salgareda ed in particolare della 45° Div. di fanteria, che con le brigate Sesia e Cosenza, controlla la fronte Candelù – Salgareda. Le due brigate si battono strenuamente per contenere il primo impeto austroungarico che dopo il passaggio del Piave, ha prodotto una penetrazione estesa ma poco profonda. La sera del 15 giugno, Fagarè, la località La fossa, il Molino della Sega e il caposaldo di casa Pasqualini (nella frazione di Rovarè, loc. San Francesco), vengono riconquistati.
16 giugno
Alle ore 9.00 del 16 giugno, un violento attacco austriaco costringe gli italiani ad abbandonare nuovamente Fagarè e a ripiegare verso casa Verduri, dietro il canale Zero. La situazione è gravissima; le brigate della 45° Div. combattono ininterrottamente da 33 ore e alle 13.55, il comando della III° Armata, ne decide il ripiegamento che tuttavia potrà avvenire solo l’indomani.
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17 giugno
Il 17 giugno, la 45° div. di fanteria, quasi completamente annientata, arretra sulla linea Meolo-Vallio e il suo posto è preso dall’11°. Alle brigate Pavia e Perugia che la compongono, viene affidato il compito di riconquistare il Molino della Sega, Fagarè, Bocca Callalta, Sant’Andrea di Barbarana e località la Fossa. L’attacco viene lanciato alle 18.15 ma viene interrotto dopo tre ore di sanguinosi combattimenti senza risultati apprezzabili. I battaglioni dell’11° divisione trascorrono la notte sul 18 giugno, attestati lungo la linea caposaldo Ninni – fosso Spinosola.
18 giugno
La giornata del 18 trascorre segnata da una serie di attacchi e contrattacchi. Alle dieci del mattino, gli austriaci, tentano senza successo l’aggiramento della “Perugia”. Alle 17.30 lanciano un massiccio attacco sul Molino Nuovo, difeso dagli uomini della brigata “Pavia”, riuscendo, questa volta, a fare breccia. Si viene dunque a creare una falla che si estende dal Molino Nuovo al caposaldo di Casa Martini e che può essere molto pericolosa. E’ necessario chiuderla ma l’XI° Divisione non ha più la capacità combattiva sufficiente a lanciare il necessario contrattacco.
19 giugno
Il 19 giugno Il comando della III° Armata destina a San Biagio di Callalta il 280 Rgt. della brigata “Foggia” che giunge in paese alle 9.00. Con queste forze l’XI° Divisione forma tre colonne; la prima punta a nord per rioccupare la linea Molino Nuovo – Casa Pavan – Ca’Lion, la colonna centrale continua l’assalto lungo la stessa linea fino a Casa Martini (ubicata all’imbocco dell’attuale via Foscarine), mentre la colonna di destra ha il compito materiale di riconquistare Casa Martini.
L’attacco viene ostacolato dalla violenta reazione dell’artiglieria austriaca e dal fuoco delle mitragliatrici e solo la colonna di sinistra riesce a raggiungere i propri obiettivi. L’immediato contrattacco austriaco riesce a creare notevoli difficoltà agli italiani soprattutto nella zona del caposaldo di casa Ninni ma viene efficacemente contenuto dagli uomini della brigata “Pavia” e del 28° fanteria.
Dopo cinque giorni di combattimenti, non solo è chiaramente fallito il principale obiettivo dell’Imperialregio Esercito di arrivare a Treviso entro il primo giorno di battaglia, lungo la strada Callalta, ma per di più le truppe che sono riuscite ad attraversare il Piave sono ora bloccate, senza possibilità di ricevere rifornimenti e sottoposte al martellamento dell’artiglieria italiana, anche a causa della piena del fiume. La capacità offensiva austriaca va rapidamente scemando.
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20 giugno
Nella notte, il comando della III Armata sposta alle dipendenze dell’XI° Corpo d’Armata, l’intera 37° Divisione perchè lanci, sotto la guida del XXVIII° C. d’A. un attacco in grande stile. Le brigate “Macerata” e “Foggia” che la costituiscono, dispongono i loro battaglioni su quattro colonne; obiettivi di “primo tempo” sono la conquista di Villanova, Casa Pavan, Casa Martini, Casa Ninni e Casa Florian.
Alle 6.00 del mattino le forze italiane hanno ragione della tenace resistenza austriaca e il comando indica alla 37° Divisione i successivi obiettivi che sul territorio di San Biagio sono Casa Verduri, Casa Brisotto e il Trivio Ninni. La battaglia continua per l’intera giornata senza che le forze italiane riescano ad avere completamente ragione degli austriaci. Alle 23.00 il comando del XXVIII° Corpo d’Armata da ordine di sospendere l’azione rinviando il suo completamento alle 5.00 del mattino successivo.
21 giugno
Dopo una notte caratterizzata da violenti duelli d’artiglieria e continui allarmi, il comando della III° Armata decide di annullare l’attacco pianificato dal XXVIII° Corpo d’Armata. La 37° Div. ritorna alle dipendenze dell’XI° C.d’A. La sospensione dell’attacco si rendeva necessaria per procedere al riassestamento delle forze.
La prima fase della battaglia è ormai conclusa; per gli austroungarici la fine si avvicina. Di nuovo essi tentano di contrattaccare sul tratto Molino Nuovo – Casa Martini e numerose infiltrazioni si realizzano sul tratto di fronte controllato dalla 37° Div.
22 giugno
Il 22 giugno viene tentata l’ennesima sortita con obiettivo casa Martini e per buona parte della giornata del 23 i contrattacchi austriaci proseguono su vari punti del fronte. E’ evidente che queste azioni hanno il solo scopo di mascherare il tentativo austriaco di sganciarsi dalle forze italiane per ripiegare sulla sinistra del Piave.
23 giugno
Alle 11.55 del 23 giugno, il comando della III° Armata ordina alle grandi unità da esso dipendenti di avanzare fino a “raggiungere la riva del Piave”. Reparti della 37° Div. riprendono Casa Verduri e alle 15.00 raggiungono i resti del ponte sul Piave, occupano l’Argine Regio da nord della località Castello fino alla stazione di Fagarè e si preparano a gittare un passaggio sul fiume in corrispondenza di Ponte di Piave. La Battaglia del Solstizio a San Biagio è finita.
Pagina aggiornata il 10/09/2024